Marmellata di LOTI
Sarebbe meglio dire “Confettura di LOTI” perché si sa, i colti ed i pignoli direbbero che “marmellata” è solo quella di arance o meglio di agrumi.
Ma noi non siamo né colti, né pignoli, anzi siamo dimolto, ma dimolto ‘gnoranti in Toscana e soprattutto permalosi, quindi evitiamo discussioni.
Questo è il primo tentativo di produzione di siffatto prodotto, ma siccome abbiamo molti Loti (o Cachi) e ci dispiace tanto vederli cadere inutilmente per terra a fine maturazione, quest’anno abbiamo deciso di provare ad utilizzarli.
Come frutto i Loti ci fanno piuttosto “schifo”, sono terribilmente dolci e soprattutto hanno una consistenza a maturazione che è abominevole. Tante persone ci vanno matte, a volte ho provato a mangiarne uno con il cucchiaino… non lo rifaccio più. De gustibus…
Ricavarne una marmellata è molto facile, a parte ovviamente il fatto di tirarli in terra da maturi che è molto ma molto più veloce. La ricetta seguita da noi è comunque molto semplice.
Occorre innanzitutto avere un produttore dei suddetti frutti ovvero un albero di Diòspero (Diospyros kaki), da noi chiamato generalmente Loto (non Kaki o Cachi o Caco per la stretta assonanza con altro genere di prodotto) od un amico che te li procuri.
I frutti devono essere sufficientemente maturi e morbidi ma non “squaqquaraqquà” ovvero si devono tenere in mano dopo averli divisi a metà… vanno privati della buccia esterna, della parte dura del torsolo e vanno fatti a pezzetti, diciamo a cubetti di uno/due centimetri di lato.
Tagliate a cubetti anche una mela, meglio se mela cotogna, che servirà a raddensare la marmellata alla fine della cottura.
Pesateli, quindi buttateli in una capiente pentola ed aggiungete il 30% in peso di zucchero. Portate ad ebollizione a fuoco moderato. Lasciate cuocere, girando di tanto in tanto con un mestolo, per 20 minuti. Togliete quindi la pentola dal fuoco e passate il tutto con un frullatore ad immersione per dare una consistenza abbastanza omogenea al prodotto finale, qualche pezzetto più grosso può anche rimanere. Rimettete quindi la pentola sul fuoco, sempre moderato, per altri 10 minuti.
Nel frattempo avrete messo in forno a 120° per 20-30 minuti i vasetti ed i coperchi per sterilizzarli. Naturalmente li avevamo lavati ed asciugati in precedenza.
Utilizzando guanti o presine di silicone invasate la marmellata ancora calda e chiudete a forza i vasetti. Noi abbiamo lasciato raffreddare i vasetti girati a testa in giù (in questo modo viene sicuramente sterilizzato il bordo di chiusura). Dopo alcuni decine di minuti abbiamo rimesso i vasi diritti, altrimenti la marmellata resta in alto nel vasetto e rimane un antiestetico “vuoto” sul fondo del vasetto che fa tanto “strano”.
I vasetti completamente freddi dovrebbero aver “risucchiato” il tappo verso l’interno e quindi, premendoci sopra con un dito, NON dovrebbero fare il classico “clic-clac” del vasetto non sigillato. Se succede, nessuna preoccupazione, sarà semplicemente il primo vasetto ad essere consumato.
Risultato finale: all’assaggio direi che la marmellata è molto buona, non dolcissima come il kako maturo e, soprattutto, non “squaqquaraqquà” come il frutto mangiato maturo.
La Forrentaia
Gualtiero e Silvana, agricoltori per caso.